cos’è la netiquette

Immagina il mondo online come una grande piazza virtuale. milioni di persone si incontrano ogni giorno per comunicare, condividere e collaborare. proprio come nella vita reale, anche in questa piazza virtuale esistono delle regole di buon comportamento, delle norme che ci permettono di interagire in modo rispettoso e costruttivo con gli altri. di fatto il benessere digitale di cui si parla in questo portale, le norme e regole che normano questo mondo, prendono il nome di netiquette.

La netiquette, unione delle parole "network" (rete) ed "etiquette" (etichetta), è l'insieme di buone pratiche che ci guidano nell'utilizzo di internet. è un codice non scritto che ci aiuta a creare un ambiente online positivo, a prevenire conflitti e a costruire relazioni significative. il modo in cui comunichiamo online ha un impatto diretto sulle nostre interazioni.

un messaggio scritto con tono aggressivo o offensivo può ferire gli altri e creare tensioni. al contrario, un messaggio cortese e rispettoso può aprire la strada a nuove amicizie e collaborazioni. la netiquette ci invita a essere online come siamo nella vita reale: rispettosi, cortesi e onesti. significa trattare gli altri con la stessa gentilezza e considerazione che vorremmo ricevere. significa esprimere le proprie opinioni in modo chiaro e costruttivo, evitando attacchi personali o generalizzazioni. Significa rispettare la privacy degli altri e non diffondere informazioni false o fuorvianti. la netiquette è un invito a essere la migliore versione di noi stessi anche nel mondo digitale.

La netiquette è stata ideata da Sally Hambridge e regolata ufficialmente nell'ottobre 1995 con il documento RFC 1855 “Netiquette Guidelines” che contiene tutte le regole che dovrebbero essere ufficialmente e universalmente riconosciute dai cittadini digitali per un buon uso della rete. Oltre a questo documento Sally Hambridge, ricercatrice di Intel, è ideatrice anche del documento RFC 2635 “DON'T SPEW: A Set of Guidelines for Mass Unsolicited Mailings and Postings” che riguarda lo spam (datata 1999). Purtroppo non hanno avuto il successo che meritano queste RFC, il mondo di internet è pieno di giudizio, mancanze di rispetto, furti e bugie. Perchè? Perchè è lo specchio della società e di questo ne parliamo ora nella sezione sottostante in cui affronteremo il tema della consapevolezza umana nel digitale.

Nota: la sigla RFC (Request for Comments), nel linguaggio di Internet, indica un documento formale che è il risultato del lavoro di una commissione di studio, accettato dalle parti interessate.

Consapevolezza umana

Nel mondo odierno, permeato da connessioni digitali e innovazioni tecnologiche, la consapevolezza assume un ruolo di primaria importanza. l'attenzione viene solitamente posta sulle ultime novità, sui progressi tecnologici, trascurando il vero motore del successo: l'essere umano.

La vera magia risiede nell'armoniosa fusione tra tecnologia, empatia, creatività e visione umana. In un mondo digitale ideale, la tecnologia non si impone come elemento dominante, ma si integra fluidamente con le nostre capacità, amplificandone il potenziale. è importante ricordare che il digitale rispecchia la realtà: non è un universo utopico, ma eredita tutte le sfaccettature della società, in alcuni casi amplificandone criticità e diseguaglianze. Diventa quindi fondamentale sviluppare consapevolezza umana nel mondo digitale e quindi avere la capacità di utilizzare gli strumenti tecnologici in modo critico e responsabile.

La consapevolezza digitale si traduce in una serie di competenze trasversali che vanno oltre la mera conoscenza tecnica: capacità di discernimento critico, pensiero creativo, abilità relazionali e comunicative, rispetto per la privacy e la sicurezza online. Sono queste le competenze che permettono di sfruttare al meglio il potenziale del digitale, costruendo un futuro dove la tecnologia sia al servizio dell'uomo, non il contrario.

fattore umano

Il fattore umano in poche parole è riferito all'influenza e al ruolo delle persone in un dato contesto o situazione. Nei settori della sicurezza informatica, della psicologia e della gestione aziendale, il concetto di fattore umano è ampiamente discusso poiché si riconosce l'importanza cruciale dell'aspetto umano in ogni contesto. Comportamenti, emozioni, capacità e limiti umani influenzano profondamente le decisioni e i risultati, costituendo un elemento fondamentale e imprescindibile.

L’anello debole della catena

Spoiler: debole non significa stupido.

L’affermazione “l’anello debole della catena è il fattore umano” è famosa nel mondo della sicurezza informatica in quanto sottolinea la fragilità e vulnerabilità da sempre associata all'essere umano e non ai sistemi che, a differenza nostra, possono sbagliare. Sono certa che un grande passo dell’evoluzione sia stato quello di “farci qualcosa” con questi errori, reagendo alle disgrazie, ma anche alle piccole cose e trasformando la vulnerabilità in opportunità, vedendo quindi la fragilità come elemento di cui prendersi cura invece di demonizzarlo.

Pensate ad una catena: la sua resistenza complessiva è determinata dalla forza del suo anello più debole. Se uno di questi cede, l'intera catena si rompe. 

Fattore umano (in)consapevole. Ma cosa lo rende debole? Un po’ di teoria a modo mio.

  • Fattori fisici e psicologici: L’umano è soggetto a limiti fisici (e.g. stanchezza, malattia) ma anche psicologici come ad esempio lo stress, l'ansia e le emozioni, che possono compromettere il suo giudizio e le sue capacità.

  • Errori umani: essere umani significa commettere errori (e se riconosciuti, ammetterli). Può succedere a causa di distrazione, negligenza o altro. Un errore, però, può anche essere motivo di rivalsa (pensate a come sono nati i post-it, il Panettone o i corn flakes).

  • Condizioni esterne: l’umano è esposto a fattori esterni che possono metterlo a rischio, come eventi naturali, incidenti o aggressioni. Può inoltre essere vittima di ingiustizie, discriminazioni o sfruttamento. Potrebbe anche non poter essere in grado di “stare” in una situazione, pensate agli uffici che hanno raggiunto la capienza massima o, nell’estremo drastico, alle Guerre.

Parlare però del fattore umano come debolezza dà una visione molto netta del ruolo che ha all’interno del mondo digitale e quindi anche della Società. Se analizziamo questa affermazione dal punto di vista deterministico (e quindi con un paradigma causa-effetto, dove il caso non esiste) possiamo pensarla come idea di fatalismo e quindi che la fragilità umana sia inevitabile e immutabile. In realtà, anche guardando la nostra evoluzione, abbiamo una grande capacità di adattamento e resilienza che gli permettono di affrontare e superare le difficoltà in (quasi) tutte le situazioni. 

L’umano medio adora dare la colpa all’altro pur di non fare un viaggio introspettivo. La mancata responsabilizzazione individuale quindi non fa riflettere sui fallimenti e quindi deresponsabilizza la tecnologia. L'affermazione "l'anello debole della catena è sempre il fattore umano" offre uno spunto di riflessione sui limiti e le vulnerabilità dell'essere umano. Tuttavia, è importante evitare interpretazioni semplicistiche e deterministiche, e riconoscere il potenziale e la capacità di cambiamento che risiedono in ogni individuo e nella società nel suo complesso.

Spesso giungiamo a conclusioni affrettate guidati dalla situazione. La vulnerabilità umana ci permette di utilizzare gli strumenti in maniera ancora più efficiente. Nella tecnologia, così come nella vita, ridurre tutto al concetto di colpa, è una sconfitta sia per l’accusato che per l’accusante poichè il problema rimane e non si fa una reale analisi dell’accaduto, una root cause analysis.

Attaccanti e vittime

Nella sfera della sicurezza informatica e della psicologia, i concetti di "attaccante" e "vittima" assumono sfumature interessanti e spesso intrecciate. In ambito informatico, un attaccante è un individuo o un gruppo che sfrutta la vulnerabilità di un sistema informatico per ottenere un guadagno illecito, come il furto di dati sensibili o l'interruzione di un servizio. Le motivazioni possono essere varie, si può passare dal cyberterrorismo al vandalismo digitale. Le vittime, invece, sono gli individui o le organizzazioni che subiscono gli attacchi informatici. Le conseguenze di un attacco possono essere devastanti, causando perdite finanziarie, danni alla reputazione e persino il furto di informazioni personali sensibili. 

In informatica si parla genericamente di attaccanti o utenti malintenzionati. Nel contesto psicologico, invece, esistono molti più termini e di seguito analizzerò le sfumature tra carnefice, aggressore e manipolatore con un focus al mondo digitale (dove le interazioni possono essere distorte e anonime).

  1. Carnefice:  è una persona che infligge intenzionalmente danni, dolore o sofferenza agli altri senza necessariamente avere un motivo personale. Può agire per il proprio piacere o per il potere. Il parallelismo con i troll online è quasi immediato. Sono persone che si lanciano in attacchi contro gli altri tramite commenti offensivi, minacce o diffamazione sui social media o nei forum online. Spesso, il loro obiettivo principale è generare caos o sentirsi potenti attraverso il controllo sulle emozioni altrui. In generale, sembrano cercare di colmare un vuoto interiore attraverso tali comportamenti distruttivi.

  2. Aggressore: è più focalizzato sull'atto di attacco diretto o di violenza, spesso in risposta a una percezione di minaccia o provocazione. Nel mondo digitale potrebbe manifestarsi come cyberbullismo, stalking online o attacchi mirati come hacking o phishing. Gli aggressori digitali possono essere mossi da una varietà di motivazioni, come vendetta, gelosia o desiderio di danneggiare la reputazione della vittima.

  3. Manipolatore: il suo obiettivo è controllare gli altri attraverso l'inganno, la persuasione o l'uso delle emozioni. Il suo obiettivo è spesso quello di ottenere vantaggi personali o di mantenere il controllo. Internet è pieno di manipolatori. Vi viene in mente qualcuno? Sicuramente avrete in mente qualche truffatore online che inganna le persone per ottenere informazioni personali o finanziarie, o un manipolatore emotivo che cerca di influenzare le opinioni degli altri attraverso la disinformazione o la propaganda sui social media o sui siti web.

Ciò che rende interscambiabili questi ruoli nel mondo digitale e a volte difficile distinguerne la sfumatura è sicuramente la distanza ma anche l'anonimato. Questo binomio rende più facile alle persone agire in modi che non farebbero nella vita reale, amplificando le dinamiche di potere e controllo.

Una precisazione è doverosa dato che è stato toccato un tema molto delicato che ha a che fare con la sfera psicologica. Seppur distinti, questi ruoli possono fondersi e confondersi nella realtà. Un carnefice può usare la forza manipolatrice, un aggressore può infliggere dolore sadico. Le sfumature sono infinite, ma comprenderle è fondamentale per aiutare le vittime e prevenire abusi. Riconoscere i segnali d'allarme è il primo passo: la violenza fisica, le minacce, l'isolamento, il ricatto emotivo. Se vi trovate intrappolati in una relazione (o conoscete qualcuno che la sta attraversando) con un carnefice, aggressore o manipolatore, ricordate: non siete soli. Chiedere aiuto è un atto di coraggio, non di debolezza. Insieme possiamo spezzare il ciclo dell'abuso e costruire un mondo dove la dignità e il rispetto siano valori inviolabili. E questo vale anche per il mondo digitale, parte integrante della nostra realtà.

È importante comprendere le dinamiche psicologiche che si celano dietro gli aggressori e le vittime, sia nella sicurezza informatica che nella psicologia, per poter sviluppare strategie di prevenzione e intervento più efficaci. Ancora una volta, come mi piace ricordare sempre, la sensibilizzazione e quindi la consapevolezza, oltre che l'educazione e il sostegno alle vittime, sono strumenti chiave per creare un mondo più sicuro e resiliente, sia online che offline.

Leoni da tastiera

Questa espressione idiomatica è utilizzata per descrivere persone che mostrano coraggio e aggressività nelle discussioni online, ma che potrebbero non avere la stessa sicurezza o assertività nella vita reale. Questo termine gioca sull'immagine del leone, un animale associato alla forza e alla ferocia, ma che diventa "da tastiera" quando trasportato nell'ambito virtuale, sottolineando l'idea che molte persone si sentono più audaci quando comunicano attraverso la tastiera di un computer rispetto alla vita di tutti i giorni.

Questo fenomeno può essere interpretato da diverse prospettive psicologiche.

Una spiegazione potrebbe essere legata all'anonimato e alla distanza emotiva forniti dall'interazione digitale, come descritto prima. Quando le persone si trovano dietro uno schermo, possono sentirsi più libere di esprimere opinioni forti senza affrontare direttamente le conseguenze delle loro azioni. Questo senso di protezione può portare ad una disinibizione online, dove le persone si sentono più audaci e meno inibite nel loro comportamento.

Le persone si sentono parte di una sorta di folla virtuale, dove gli altri utenti possono amplificare e rinforzare i comportamenti aggressivi. Questo può creare un ambiente dove l'aggressività è normalizzata o addirittura incoraggiata, influenzando il comportamento delle persone. La forza del gruppo, la distruzione del gruppo. Questo è frequente anche nella vita reale e lo troviamo anche nei film, come ad esempio “Il signore delle mosche” o “La terza onda” in cui la coesione del gruppo, se non guidata o controllata adeguamente, degenera in comportamenti distruttivi e violenti. 

Alcuni leoni da tastiera potrebbero essere spinti da frustrazioni personali o insicurezze, che proiettano sugli altri attraverso l'aggressività online. Questo comportamento potrebbe essere visto come un modo per sentirsi più potenti o controllare un ambiente in cui si sentono impotenti.

Questo fenomeno riflette le complesse dinamiche psicologiche e sociali dell'interazione umana online. Mentre alcuni possono essere motivati dalla passione per un argomento o dalla volontà di difendere le proprie opinioni, altri possono essere influenzati da una serie di fattori psicologici più profondi.

Le neuroscienze

Il mondo delle neuroscienze si riferisce al campo interdisciplinare che studia il sistema nervoso e le sue funzioni, utilizzando metodi e approcci scientifici per comprendere il funzionamento del cervello, del midollo spinale e dei nervi, nonché il loro ruolo nei processi cognitivi, emotivi e comportamentali. Io che ho fatto l’istituto tecnico e una laurea breve in sicurezza informatica direi che non sono la persona giusta per spiegarvi in “medichese” l’argomento. Questo capitolo però è davvero importante e necessario perchè gli attaccanti che sono più furbi di noi, l’hanno capito già da un pezzo che non bisogna reinventare la ruota ma affidarsi a meccanismi noti (come i processi cognitivi di cui accennerò di seguito).

Cos’è il cervello trino

Il cervello è l’organo più complesso e affascinante studiato in biologia. È un organo talmente attraente che ricercatori lo studiano ogni giorno per scoprire aspetti sempre nuovi.
È formato da un numero enorme di sinapsi e ci permette di svolgere ogni nostra azione quotidiana. In poche parole, è un vero casino.
Se sei su questo sito che si chiama fattoreumano e stai leggendo una sezione sulle neuroscienze immagino tu sia davvero molto interessatə all’argomento e spero di raggiungere quel livello sempre difficile da raggiungere ovvero: nè troppo complesso, nè troppo scontato, raccontare in un modo interessante senza cadere nel banale.

Nel 2018 grazie ad un workshop aziendale ho scoperto il cervello trino ideato da Paul McLean (neuroscienziato e psichiatra americano) e la sua importanza per le interazioni sociali.

Immagina il cervello come una sorta di palazzo antico, composto da tre piani distinti, ognuno con una sua funzione e atmosfera unica. Al piano terra c'è il cervello rettiliano, la parte più antica e primitiva del palazzo. Qui, le stanze sono illuminate da una luce fioca e la decorazione è rustica. Questo è il regno degli istinti primordiali, dove le creature ancestrali risiedono. È il luogo delle funzioni vitali, dove il battito del cuore e il respiro si muovono al ritmo della vita stessa. Le emozioni sono semplici e dirette qui, basate appunto sugli istinti primitivi: sopravvivenza, paura, aggressività e ricerca del cibo (e del riparo).

Al primo piano c'è il cervello limbico, il cuore emotivo del palazzo. Le stanze qui sono colorate e piene di vita, con arredi accoglienti e caldi. È il regno delle emozioni, dove l'amore, la gioia e la tristezza si intrecciano in un intricato mosaico di sentimenti. Le relazioni sociali prendono forma qui, con legami profondi che si creano tra le persone. È un luogo di intimità e connessione umana. Infine, al secondo e ultimo piano c'è la neocorteccia, il salone della ragione e della complessità. Le stanze qui sono ampie e luminose, decorate con opere d'arte e libri antichi. È il regno del pensiero astratto, della pianificazione e della creatività. Qui, la mente umana si eleva sopra gli istinti primordiali e le emozioni, cercando di comprendere il mondo che la circonda in modi nuovi e innovativi. È qui che si formano le idee e si prendono decisioni complesse, guidate dalla logica e dalla riflessione. 

Questi tre piani non sono separati l'uno dall'altro, ma piuttosto si intersecano e si influenzano a vicenda.. Le informazioni e le esperienze fluiscono attraverso le scale e i corridoi del palazzo, dando vita ad una complessa rete di pensieri, emozioni e azioni. È questa interconnessione che dona al cervello umano la sua straordinaria capacità di adattarsi e di evolvere nel mondo che lo circonda. Questi tre "cervelli" influenzano le nostre vite sociali.

Ad esempio, quando ci sentiamo attratti da un gruppo o ci sentiamo obbligati a conformarci, è il cervello limbico che fa le veci. Quando prendiamo decisioni complesse o ci facciamo un'opinione su qualcuno, è la neocorteccia che entra in azione.  Capire come funziona questo sistema può aiutarci a comprendere meglio le dinamiche sociali che ci circondano, dalla politica alla cultura popolare. Ci permette anche di capire meglio noi stessi e perché facciamo certe scelte. Quando ci troviamo in una situazione sociale complicata, è il nostro cervello che cerca di capire come relazionarsi con il mondo intorno a voi.

La reazione alle emozioni da un punto di vista neurologico coinvolge una serie complessa di processi che avvengono nel cervello e nel sistema nervoso periferico. Quando si verifica uno stimolo emotivo, come ad esempio una situazione stressante o un momento di felicità, il cervello inizia a elaborare queste informazioni attraverso diverse regioni e circuiti neurali.

Le emozioni coinvolgono principalmente il cervello limbico, in particolare l'amigdala e l'ippocampo. L'amigdala è coinvolta nella valutazione dell'importanza emotiva degli stimoli e nella generazione di risposte emotive appropriate, come la paura o l'eccitazione. L'ippocampo, invece, è coinvolto nella memorizzazione delle esperienze emotive e nel collegare gli stimoli presenti con le esperienze passate. Anche altre regioni del cervello, come la corteccia prefrontale, sono coinvolte nella regolazione delle emozioni. La corteccia prefrontale svolge un ruolo chiave nel valutare le conseguenze a lungo termine delle nostre azioni e nel modulare le risposte emotive in base a queste valutazioni. Ad esempio, può aiutare a controllare la nostra reazione impulsiva in situazioni emotive intense. 

Dal punto di vista neurochimico, le emozioni sono anche mediate da diverse sostanze chiamate neurotrasmettitori, come la dopamina, la serotonina e l'ossitocina. Quest’ultime agiscono come messaggeri chimici nel cervello, trasmettendo informazioni tra i neuroni e modulando l'attività neuronale legate alle emozioni.

Come reagiamo alle emozioni

Un’emozione è un meccanismo di sopravvivenza primordiale nonchè uno stato psicofisico soggettivo e spontaneo che nasce da un qualunque stimolo, sia interno che esterno. Essendo assolutamente soggettivo, è ancora più difficile capire gli altri. Siamo abituati a valutare la reazione delle persone e quindi dedurre l’emozione, come ad esempio: se piangi sei triste. In altre parole, pensare che l’altro stia provando una specifica emozione perchè noi, quando la proviamo, reagiamo allo stesso modo. Il mio psicologo mi ha fatto un bell’esempio per capire cosa sia l’empatia: immagina una persona che sta sprofondando nelle sabbie mobili, porgli la mano e mostrargli vicinanza restando in una zona “sicura”, questo è  il significato di  empatia, l’obiettivo non è quindi salvare qualcuno, ma supportarlo. Prima di capire come reagiamo alle emozioni, bisogna capire quali sono.

Ancora una volta devo rifarmi ad una classificazione, a me piace quella del fiore (o ruota) di Robert Plutchik che vedi qui sotto.
Il fiore si legge dalla base del petalo verso l’esterno: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia e aspettativa. Ogni petalo è associato al suo scopo fisiologico che si trova all’interno del fiore. Questo fiore mi ha aiutata a capire che dire “sono emozionata” non vuol dire proprio niente, e per la mia personale esperienza riconoscere l’emozione e poi imparare a starci è una delle cose più difficili da fare,ma una volta capita  si inizia a vivere per davvero.

Cosa c’entra la sicurezza informatica

L’efficacia degli attacchi di phishing gioca proprio sulla reazione emotiva delle persone. Trasmettere quel senso di urgenza, ansia, pericolo, rischio e fretta va a parare proprio sul cervello rettiliano, il più veloce a reagire. Impulsività. Se poi ci pensi a mente fredda e quindi facendo lavorare anche il sistema limbico e compagnia cantante, lo capisci che hai fatto una cazzata e che se solo avessi guardato meglio, se solo avessi riconosciuto quell’emozione allora forse ora non avresti perso l’accesso ai social network o la carta PostePay svuotata.

Solo. In questo solo in realtà c’è tutto. 

Dopo il cervello rettiliano, arriva il sistema limbico. L'amigdala è coinvolta nella risposta emotiva alle situazioni pericolose o minacciose e gioca un ruolo chiave nella generazione delle reazioni di paura. Paura e attacchi informatici vanno a braccetto, ecco perchè ora parleremo dei meccanismi freeze, flight e fight.

Questi meccanismi sono spesso citati nell'ambito della risposta al pericolo negli esseri viventi, mentre gli attacchi informatici coinvolgono minacce e risposte nel contesto digitale. 

  1. Freeze (blocco): una persona potrebbe reagire “congelando” l'azione quando si trova di fronte a un avviso di sicurezza improvviso sul proprio cellulare, temendo che possa essere un segnale di un attacco imminente. In questo caso, potrebbe decidere di sospendere immediatamente qualsiasi attività online e - si spera - consultare un esperto di sicurezza informatica per valutare la situazione. Il freeze potrebbe essere però anche una reazione deleteria per gli esperti di informatica che devono far fronte ad un attacco ransomware; in questo caso la reattività è fondamentale. 

  2. Flight (fuga): di fronte a una serie di messaggi di spam che continuano a riempire la casella di posta elettronica, un individuo potrebbe decidere di evitare l'interazione con la posta indesiderata, configurando filtri anti-spam più rigorosi o optando per l'uso di un nuovo indirizzo email.

  3. Fight (combattere): se un individuo sospetta che il proprio account online sia stato violato, potrebbe immediatamente attivare le procedure di sicurezza predefinite, come il ripristino della password o il blocco temporaneo dell'account, e poi procedere ad analizzare l'attività sospetta per identificare eventuali tentativi di accesso non autorizzato. In risposta a un tentativo di frode online, un individuo potrebbe decidere di raccogliere prove dell'attività fraudolenta e denunciarla alle autorità competenti o alle istituzioni bancarie per avviare un'indagine e perseguire i responsabili.

Ricordiamoci però che la paura arriva dopo l’istinto e che quindi in caso di attacco phishing una persona potrebbe essere presa dall’istinto di cliccare per poi reagire con la paura e quindi congelarsi (freeze). E poi magari dopo chiude tutto per paura di commettere altri sbagli (flight) e alla fine incazzarsi tremendamente ribaltando mezzo mondo tra polizia postale, amici e anche rabbia nei suoi confronti (fight). Oltre a questo esempio, le persone possano adottare differenti strategie di "freeze, flight e fight" per proteggere la propria sicurezza e rispondere efficacemente alle minacce informatiche o per reagire dopo aver preso coscienza di un attacco.