Deepfake: quando la realtà non basta più

Vi siete mai chiesti come sarebbe far dire al vostro capo cose che non direbbe mai? Tipo “Da oggi venerdì è giorno libero per tutti” o “Raddoppiamo gli stipendi”. Bene, sappiate che la tecnologia è già un passo avanti a voi, e si chiama deepfake.

Cos’è un deepfake? È una versione 2.0 dei vecchi metodi photoshoppari con strumenti non propriamente conosciuti che invece di sistemare una foto per togliere i brufoli, adesso permette di creare video realistici in cui chiunque dice qualsiasi cosa. Perfino voi. Bello, no? Sì, fino a quando non vi trovate un video online che vi accusa di aver svaligiato un supermercato. E no, non è una scusa accettabile dire “Non ero io, era un algoritmo”.

Ma facciamo un passo indietro. I deepfake funzionano grazie all’intelligenza artificiale e a un cosino chiamato GAN (Generative Adversarial Network). Tradotto: un software che mette in competizione due reti neurali per creare contenuti sempre più realistici. Più giocano, più diventano bravi. E così, in pochi minuti, possono trasformare una clip innocente di un discorso TED in un video in cui Elon Musk dichiara di voler aprire un ristorante su Marte.

Ovviamente, tutto questo non poteva passare inosservato. C’è chi li usa per scopi creativi, come fare film senza attori, e c’è chi, invece, li sfrutta per scopi… diciamo, discutibili. Disinformazione politica, pornografia non consensuale, truffe. La lista è lunga e inquietante. Ma non voglio fare terrorismo psicologico: non è che domani mattina vi svegliate e trovate un deepfake di voi stessi che litiga con un cassiere. Però sappiate che è successo. E sì, sta accadendo sempre più spesso.

Come riconoscere un deepfake? Facile a dirsi, difficile a farsi. Alcuni segnali classici: movimenti degli occhi un po’ strani, sorrisi innaturali, illuminazione sospetta. Insomma, tutto ciò che vi fa pensare “Ma c’è qualcosa che non torna”. Il problema è che i deepfake stanno diventando così realistici che presto nemmeno un esperto sarà in grado di distinguere il vero dal falso. E allora? Allora ci affideremo ad altri software per smascherarli e il ciclo ricomincia. Benvenuti nel futuro.

E l’etica, dove la mettiamo? Creare deepfake è giusto, sbagliato, o dipende? È un argomento complicato. Da una parte, questa tecnologia può avere applicazioni utili, come riportare in vita personaggi storici per scopi educativi. Dall’altra, può distruggere vite in un batter d’occhio. Il problema, come sempre, non è la tecnologia in sé, ma l’uso che se ne fa. E, diciamocelo, il genere umano non ha esattamente un curriculum impeccabile in fatto di responsabilità.

Quindi, cosa ci insegna tutto questo? Che viviamo in un mondo in cui la verità è sempre più difficile da definire. E che dovremmo fare tutti uno sforzo per restare vigili, critici e un po’ meno creduloni. Perché no, il video del vostro attore preferito che confessa di amare il karaoke non è sempre reale. Anche se, ammettiamolo, ci piace pensarlo.

Alla fine, la questione dei deepfake si riduce a una parola: responsabilità. La tecnologia, di per sé, è neutra. È come un martello: può costruire una casa o distruggerla, dipende da chi lo tiene in mano. Con i deepfake è lo stesso. Sta a noi – come individui, aziende, legislatori – decidere come usarli. Magari sarebbe il caso di chiederci meno “cosa possiamo fare” e un po’ più “cosa dovremmo fare”. Perché sì, è figo vedere Abraham Lincoln ballare il moonwalk, ma se ci svegliamo un giorno in cui non possiamo più fidarci di niente e nessuno… sarà un bel problema. Io, intanto, vado a controllare che non ci sia un video di me che canta “La Macarena” a un matrimonio. Non si sa mai.

Ah, dimenticavo: questo post l’ha scritto ChatGPT con prompt personalizzati. Vedete quanto è semplice produrre contenuto affidabile? Ancora più semplice cascarci.

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